Su Jesus di questo mese, intervista molto bella a mons. Gianfranco Ravasi, neo presidente del Pontificio Consiglio per la Cultura.
Si parte dall'idea di "cultura", cosa debba interdersi con essa. "Dopo un lungo periodo razionalstico che pensava alla cultura solo come a un fenomeno accademico, adesso sempre più la si considera come una sorta di grande anima cosciente e coerente che attraversa tutto l'agire umano".
Si parla quindi del confronto tra fedi e culture, laici e cattolici, e della "sindrome dello scontro", aggravata dal fatto che "non è più uno scontro nobile e alto" ma è "quasi un gioco di società". "Oggi - nota Ravasi quasi con rimpianto rispetto al passato - per via della modesta temperie culturale in cui viviamo, lo scontro avviene sul piano dell'ironia, del sarcasmo, dello sberleffo da una parte; e dall'altra, con insorgenze altrettanto modeste di tipo fondamentalista-apologetico".
A proposito dell'ascolto dell'altro, Ravasi spiega: "Non è una cosa banale: ascoltare è un'attività che costa tanto quanto il parlare. Vuol dire non sceglersi l'interlocutore compiacente, vuol dire anche lasciarsi ferire dalle domande che vengono poste".
Quindi su San Paolo ed il rapporto con il mondo: "Se il cristianesimo non vuole essere una setta, deve riuscire a fare i conti con la cultura del proprio tempo". Mettendo "in conto il rischio dello scacco" e accorgendosi allo stesso tempo della "eccedenza del messaggio cristiano", "eccedenza della fede". Contro i sincretismi ma soprattutto "contro i sistemi di pensiero omnicomprensivi, anche quelli che difendono Dio". "La fede è sempre un di più, molto di più".
Infine, sul modello di Chiesa "non monolitica e non anarchica, ma vivente". "Il modello cristiano - dice - è quello della molteplicità, della diversità nell'unità. Nessuno può dire: questo è l'unico, vero cristiano. Il cristianesimo nasce nella sua ecclesialità, nel suo essere tutti partecipi, pronti a prendere dall'altro gli aspetti positivi, in una continua osmosi. Per questo non bisogna avere mai disprezzo di qualsiasi tipo di esperienza ecclesiale. Però bisogna condannarla quando diventa integralista, arrogante, autosufficiente e pretende di affermare di essere l'unica".
... ma non per tutti...
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