Quale bellezza salverà il mondo? Se lo domanda padre Gustav Schorghofer su La Civiltà Cattolica, rievocando Dostoevskij.
Non è bello solo ciò che è piacevole. Non è bello solo ciò che armonioso e nobile. La bellezza non è più immediatamente data, come forse era in passato, ma va cercata, va scoperta, va riconosciuta, perché la percezione della bellezza è un processo di apprendimento infinito.
Padre Schorghofer, che opera a Vienna nel campo della pastorale degli artisti, invita a rivolgersi proprio a loro (e ai poeti, ai mistici, agli amanti) per imparare a riconoscere questa bellezza diversa, una bellezza altra, non paragonabile a quella del passato, perché essa non si impone con la forza delle belle forme.
In particolare, dice l'autore, l'arte del XX secolo ci ha insegnato a riconoscere la bellezza in molte cose, a scoprirla anche là dove prima si vedevano soltanto sporcizia e rifiuti. Padre Schorghofer cita a mo' d'esempio l'artista tedesco Kurt Schwitters e il movimento dell'arte povera, ma più in generale il discorso può estendersi a tutta l'arte informale del Novecento, che ha frantumato non solo i canoni estetici ma anche i procedimenti artistici tradizionali, componendo spesso le proprie opere utilizzando e assemblando materiali di recupero e oggetti di scarto.
Quest'arte ci insegna che la bellezza di Dio si rivela anche nei rifiuti, negli scarti, nella spazzatura. È lo sguardo degli artisti, dei santi e dei bambini. Una bellezza misteriosa e spesso scandalosa, che va saputa intendere e interpretare.
Il grande compito dei cristiani - scrive l'autore - è senza dubbio quello di imparare a percepire tali opere sempre più nel contesto di un misticismo cristiano.
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