mercoledì 13 agosto 2014

Il grande sipario


Allora mi chiedo: io, chi sono? Noi, gli uomini, chi siamo? Siamo veri? Siamo dipinti? Tropi di carta, simulacri increati, inesistenti parvenze sul palcoscenico d'una pantomima di cenere, bolle soffiate dalla cannuccia di un prestigiatore nemico?
Se così è, niente è vero. Peggio: niente è, ogni fatto è uno zero che non può uscire da sé. Apocrifi noi tutti, ma apocrifo anche chi ci dirige o raffrena, chi ci accozza o divide: metafisici niente, noi è lui, mischiati a vanvera da un recidivo disguido; nasi di carnevale su teschi colmi di buchi e d'assenza.

Bellissimo il finale de Le menzogne della notte di Gesualdo Bufalino, sempre in bilico tra farsa e tragedia, facezia e dramma, finzione e verità, velamento e svelamento.

Il grande ingannatore, il governatore del carcere sull'isola, il diabolus ex machina, si ritrova alla fine ingannato, anzi peggio: con il dubbio di essere stato ingannato dalle sue stesse vittime, quattro briganti condannati a morte cui aveva surrettiziamente posto quest'alternativa: tradire il capo rivelandone il nome, e salvarsi; restare fedeli alla propria causa e morire. Un dilemma esistenziale da sciogliere nelle brevi ore di una notte (ma la veglia si trasforma in un veglione, le coscienze in maschere)

Non resta che il suicidio a porre fine a quella triste pantomima di che si rivela essere la vita, come se avessi nel pugno il cordone di un grande sipario di pezza.

Un grande Gesualdo Bufalino, lettura imprevista di questa estate.





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