lunedì 19 marzo 2012

Portami ancora per mano


Oggi è il giorno del papà, la festa del 'solo avventuriero al mondo', direbbe Charles Peguy.

I bambini portano a casa i lavoretti preparati a scuola, recitano le poesie imparate a memoria. Peccato che le insegnanti sembrano aver rinunciato ad insegnare loro i classici della nostra tradizione poetico-letteraria - in quest'occasione come nelle altre festività - e propongano ai bambini delle filastrocche insulse, spesso anche sgrammaticate, inventate da chi non si sa.

Se così deve essere, meglio che i bambini se le scrivano da sé. Così ha fatto Elisa, in terza elementare, che mi ha portato un cartoncino con su scritte queste parole:

Papà è il mio cuore. Papà è il mio nome. 
Lui è la luce di ogni giorno e di ogni amore. 
Tu sei la mia vita, tu sei il mio amore. 
Papà tu sei il mio amore.

Orgoglio e commozione a parte, mi ha colpito l'intuizione del secondo 'verso': il padre come luce alla base (cioè alla radice) di ogni giorno e di ogni amore. Mi ha colpito perché l'avevo appena trovata nei versi una poetessa oggi novantenne, Maria Luisa Spaziani, che dedicavo in cuor mio a mia moglie e al suo papà.

La poesia di Maria Luisa Spaziani fa così:

Papà, radice e luce, portami ancora per mano
nell’ottobre dorato del primo giorno di scuola. 
Le rondini partivano, strillavano: 
fra cinquant’anni ci ricorderai.





(Foto da flickr, creative commons, Wind&Wuthering



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