mercoledì 3 novembre 2010

Ho scommesso sulla vita


Passa
una vela
spingendo
la notte
più in là

Sono i versi che danno il titolo al bel libro di Mario Calabresi - Spingendo la notte più in là. Storia della mia famiglia e di altre vittime del terrorismo - pubblicato nel 2007 e dedicato alla storia del padre e della sua famiglia. Il commissario Luigi Calabresi, medaglia d'oro al merito civile, fu ucciso da Lotta Continua il 17 maggio del 1972 come 'vendetta' per la morte dell'anarchico Giuseppe Pinelli.

Il figlio Mario allora aveva 2 anni, oggi dirige il quotidiano La Stampa dopo essere stato corrisponente negli Stati Uniti per La Repubblica. La ricostruzione che fa di quegli anni, il ricordo e il racconto di quelli successivi è struggente. La semplicità, la nobiltà, la dignità dei protagonisti - il padre Mario ma anche la madre Gemma - riempie il cuore di commozione e di rispetto, oltre che di rabbia e indignazione per il trattamento ancora oggi riservato alla memoria del commissario.

E' un testo breve, questo di Calabresi, che andrebbe proposto ai giovani, nelle scuole, nelle parrocchie, nelle famiglie, per offrirgli un modello di umanità e di contegno pubblico distante anni luce dalle immonde cronache di queste ore e questi anni. "In un Paese che non riesce a trovare modelli, esempi, che occasione grave non ricordare, avere rimosso".

Il commissario Calabresi non portava la pistola: "Non mi servirebbe a niente - spiegava agli amici -: se mi spareranno lo faranno alle spalle. Non avranno mai il coraggio di colpirmi guardandomi negli occhi. e anche se avessi il tempo di accorgermi, non vorrei mai sparare a qualcuno".

Il libro racconta la storia anche di altre vittime del terrorimo. "Bisogna spiegare che gli 'eroi' erano persone comuni - scrive Calabresi - ma con la caratteristica di avere passione infinita per le cose che facevano, uomini con cui sia possibile identificarsi, che amavano il loro lavoro e lo facevano con scrupolo".

Spingendo la notte più in là racconta un pezzo di storia d'Italia ma è un testo intimo, familiare. Le parole di mamma Gemma, giovane vedova, insegnante di religione, sono perle preziose. Dolori, fatiche, umiliazioni, cattiverie. "Io tutte queste cose mi sforzo di tenerle ai margini del cuore, di dimenticarle, di non fissarmi sulle scortesie, gli insulti, per poter guardare avanti, per non farmi avvelenare". - "Ma come hai fatto?" . le chiede il figlio. - "Ho scommesso sulla vita, cos'altro potevo fare a venticinque anni con due bambini piccoli tra le mani e un terzo in arrivo?".

"Bisognava scommettere tutto sull'amore per la vita - ribadisce Mario - Non ho più cambiato idea".






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