"Esiste uno stile cristiano di presenza anche nel mondo digitale: esso si concretizza in una forma di comunicazione onesta ed aperta, responsabile e rispettosa dell’altro" (Benedetto XVI)
lunedì 24 maggio 2010
L'uomo che verrà
"A me mi comanda solo Dio, e siamo già abbastanza"
Se non lo avete già fatto, andate a vedere (se lo trovate ancora nelle sale...) "L'uomo che verrà" di Giorgio Diritti, vincitore dei David di Donatello 2010 per il miglior film, miglior produttore, miglior fonico di presa diretta; gran premio della giuria, premio del pubblico e premio "la meglio gioventù" al Festival internazionale del film di Roma 2009. Mi colpì a gennaio, quando la lessi, la recensione del critico cinematografico del Corriere della Sera Paolo Mereghetti che parlava senza mezzi termini di un "capolavoro". Ora, dopo averlo visto, mi sento nel mio piccolo di condividere quel giudizio.
L'uomo che verrà, ambientato nelle colline bolognesi del 1943, narra la vicenda tragica dell'eccidio nazista di Marzabotto, quando i tedeschi in ritirata massacrarono per ritorsione 770 persone, quasi tutte donne, anziani e bambini. Protagoniste di questo racconto sono le vittime, le famiglie contadine di Monte Sole. Il cast è formato quasi tutto da attori non protagonisti, l'ambiente è ricostruito alla perfezione, il film è recitato in dialetto con i sottotitoli, ma dopo un po' non te ne accorgi più perchè impari la lingua di quelle colline, i meravigliosi colori dei campi, dei prati, dei fienili.
Famiglie contadini povere, ma straordinariamente fiere, dure e dignitose. La citazione che apre il post è del capo famiglia, stanco dei soprusi di fascisti e nazisti - "Tanto non mi possono ammazzare due volte!" - che alla fine dovrà arrendersi anche lui all'orrore della guerra.
Ma la vera protagonista è Martina, una bambina di 8 anni che ha smesso di parlare, e che ci racconta la tragedia con i suoi incredibili occhi. Mentre aspetta la nascita del fratellino nella pancia della madre, una splendida Maya Sansa. E' lui, questo bimbo, che verrà alla luce al culmine della tragedia, l'uomo che verrà. Ardita metafora di speranza di un film emotivamente intenso, rigoroso e onesto, mai retorico, profondamento religioso, straordinariamente girato, con una colonna sonora che continua a farmi venire la pelle d'oca ogni volta che l'ascolto, sul sito ufficiale del film.
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