"Esiste uno stile cristiano di presenza anche nel mondo digitale: esso si concretizza in una forma di comunicazione onesta ed aperta, responsabile e rispettosa dell’altro" (Benedetto XVI)
venerdì 30 aprile 2010
Una faticaccia
Lo scrittore è una persona per la quale scrivere è più difficile che per le altre.
(Thomas Mann, citato dallo scrittore Gianrico Carofiglio sull'inserto domenicale del Sole 24 Ore)
mercoledì 28 aprile 2010
L'arco e le frecce
Educare i figli è necessario, purchè si sappia che è impossibile.
Serata all'insegna dei paradossi quella di ieri nella mia parrocchia, dedicata al tema dell' essere genitori "adulti".
Dove vai papà stasera? - Mi hanno chiesto i miei figli vedendomi uscire - Va ad imparare a fare il papà! - Ha risposto per me la mamma (senza ironia, ve lo giuro, almeno spero).
Un confronto tra genitori di diverse età guidato da un sacerdote "in borghese", don Gabriele Quinzi, che insegna pedagogia familiare all'università salesiana.
Che significa essere un genitore adulto? Ciascuno ha tentato di rispondere a questa domanda sulla base di un testo arcinoto del poeta e mistico libanese Kahlil Gibran:
I vostri figli non sono figli vostri...
Benchè vivano con voi non vi appartengono.
Potete donare loro l'amore ma non i vostri pensieri.
Potete offrire rifugio ai loro corpi ma non alle loro anime:
esse abitano la casa del domani, che non vi sarà concesso di abitare neppure in sogno.... Voi siete gli archi da cui i figli, come frecce vive, sono scoccate in avanti...
Non tutti hanno accettato le provocazioni proposte dai paradossi di Gibran. Ma come "non sono nostri figli"? Come "non ci appartengono"? Perchè non possiamo donare loro anche i nostri pensieri, oltre l'amore. Allora dobbiamo forse rinunciare ad educarli?
Ma i paradossi, si sa, suscitano reazioni unilaterali. Mentre il loro siginificato sta proprio nella capacita e necessità di tenere insieme gli opposti (proprio come il Vangelo: perdere la vita per trovarla, amare i nemici, ecc...)
Allora il genitore adulto sarà davvero - o meglio proverà ad essere - come l'arco di cui parla Gibran: fermo e flessibile a un tempo, coerente e insieme capace di venire incontro alle richieste del proprio figlio.
Il genitore adulto sa accompagnare il figlio ma anche "lasciarlo solo". Dà al figlio la "possibilità di crescere" amandolo ed educandolo, ma consentendo che sbagli, che faccia le sue scelte, accettando che possano essere diverse dalle sue (l'educazione - ha detto qualcuno - non è un'equazione matetamitica, purtroppo o per fortuna).
Il genitore adulto, infine, "si affida con gioia alla mano dell'Arciere", coltiva cioè la propria fede nel Signore, o laicamente la propria fiducia nella vita, nel futuro, nella "casa del domani". Se non vuoe scaricare sui figli le proprie paure e le proprie ansie, dissimulate quasi sempre sotto le migliori e più ragionevoli intenzioni.
(Foto da Flickr/creativecommons/Ricky Flores)
giovedì 22 aprile 2010
Ora son desto
"E su nessuna altra cosa al mondo so tanto poco quanto su di me, Siddharta!"
Ecco, adesso finalmente l'ho letto anch'io, con qualche anno di ritardo, il romanzo forse più noto di Hermann Hesse (Siddharta, Adelphi).
"Ora son desto, mi sono risvegliato nella reatà e oggi nasco per la prima volta".
mercoledì 14 aprile 2010
Il suo solo rispetto
Sono figlio di un mezzadro che non aveva soldi ma un infinito patrimonio di dignità.
Inizia così la bellissima lettera del cittadino anonimo che ad Adro, un paese di quasi 7mila abitanti nel Bresciano, ha deciso di pagare di tasca propria il debito di 40 famiglie - soprattutto stranieri ma anche italiani in difficoltà - che da mesi non pagavano la retta per la mensa scolastica dei figli. Il Comune leghista aveva deciso di rivalersi sui bambini esonerandoli dal servizio mensa della scuola elementare.
La lettera si intitola "Io non ci sto" ed è su tutti i giornali. Ne consiglio a tutti la lettura, soprattutto a chi ha figli ed ha a cuore la loro educazione.
Vedo attorno a me una preoccupante e crescente intolleranza verso chi ha meno - scrive l'anonimo benefattore - I miei compaesani si sono dimenticati in poco tempo da dove vengono.
Sugli immigrati. Ho sempre la preoccupazione di essere come quei signori che seduti in un bel risotrante se la prendono con gli extracomunitari. Peccato che la loro Mercedes sia appena stata lavata da un albanese e il cibo cucinato da un egiziano. Dimenticavo, la mamma a casa è assistita da una signora dell'Ucraina.
Sulla "furbizia" di chi non paga. So perfettamente che fra le 40 famiglie alcune sono di furbetti che ne approfittano, ma di furbi ne conosco molti. Alcuni sono milionari e vogliono anche fare la morale agli altri. In questo caso, nel dubbio sto con i primi. Agli extracomunitari chiedo il rispetto dei nostri costumi e delle nostre leggi.
E ancora, in un altro passaggio: Io sono per la legalità. Per tutti e per sempre. Per me quelli che non pagano sono tutti uguali, quando non pagano un pasto, ma anche quando chiudono le aziende senza pagare i fornitori o i dipendenti o le banche. Anche quando girano con i macchinoni e non pagano le tasse, perchè anche in quel caso qualcuno paga per loro.
L'anonimo richiama tutti alla propria responsabilità di fronte alla pericolosa deriva xenofoba: Ma dove sono i miei compaesani, ma come è pssibile che non capiscano quello che sta avvenendo? ... Ma dov'è il segretario del partito per cui ho votato e che si vuole chiamare "partito dell'amore"? ... E soprattutto: Ma dove sono i miei sacerdoti. Sono forse disonibili a barattare la difesa del crocifisso con qualche etto di razzismo? Se esprimiamo un bel rosario grande nella nostra casa, poi possiamo fare quello che vogliamo?
Chi semina vento, raccoglie tempesta, ammonisce la lettera. Quei bambini esclusi oggi dal servizio mensa domani vivranno nel nostro paese. Saranno quelli che verranno a cambiarci il pannolone alla casa di riposo. Ma quel giorno siamo sicuri che si saranno dimenticati di oggi? E se non ce lo volessero più cambiare? Non ditemi che verranno i nostri figli perchè il senso di solidarietà glielo stiamo insegnando noi adesso.
Conclude infine l'anonimo benefattore a motivazione del suo gesto: Sono certo che almeno uno di quei bambi diventerà docente universitario o medico o imprenditore o infermiere e il suo solo rispetto varrà la spesa.
Ps. I genitori dei bambini in regola con i pagamenti stanno protestando vivacemente in queste ore contro l'autore di questa lettera per il suo gesto. L'anonimo lo metteva in conto. E in effetti, a pensarci, anche il fratello del figliol prodigo, nel Vangelo, non la prende per niente bene....
(L'immagine, presa dal sito del comune di lecco, è una scena dal film di Ermanno Olmi L'albero dagli zoccoli, palma d'oro a Cannes nel 1978, citato nella lettera)
venerdì 2 aprile 2010
La fortuna non esiste?
"Prima si semina, poi si coltiva e solo alla fine si raccoglie. Abbiate pazienza, il raccolto arriverà"
Ho finito di leggere il libro di Mario Calabresi "La fortuna non esiste" (Mondadori, 2009) e come al solito ho segnato le frasi che più mi hanno colpito. Questa è una di quelle, tratta dalla prima storia - Il raccolto arriverà - che parla di una città abbandonata, Braddock, vicino Pittsburgh, e del coraggioso lavoro di un sindaco e di una bibliotecaria.
Il libro racconta "storie di uomini e donne che hanno avuto il coraggio di alzarsi" ed è in qualche modo un omaggio all'america obamiana, più esattamente un omaggio a quell'america che ha saputo esprimere un presidente come Obama perchè, secondo Calabresi, è ancora malgrado tutto la terra del "sogno" e delle opportunità, con una cultura ancora viva "del nuovo inizio e della seconda possibilità", con uno "spirito che ti incita a rialzarti e a ricominciare".
"Mio padre mi ha insegnato che non importa quante volte cadi. Quello che conta è la velocità con cui ti rimetti in piedi". E' una frase pronunciata da Joe Biden, vice di Obama, con una storia familiare terribile alle spalle.
Potrebbero essere tutte sceneggiature, le storie racontate, sul modello de "La ricerca della felicità", il film di Gabriele Muccino con Will Smith. Ci sono gli operai licenziati della General Motors che si inventano una seconda vita da chef ("La differenza tra un disastro e un avventura è solo la tua attitudine"), gli ex manager della Lehman Brothers che diventano imprenditori sociali ("Non importa se oggi quella storia sia finita, importa che qui non esistono limiti alle tue possibilità"), i rifugiati politici provenienti da ogni angolo del mondo che "non hanno più nulla, neanche una valigia", ma: "Abbiamo la vita, e adesso anche la possibilità di viverla".
Io non so se sia vero, come dice il titolo del libro, che la fortuna non esiste. E non nascondo una certa diffidenza, insieme ad invidia, per questo spirito americano di lotta e di conquista. Certo però fa impressione ascoltare le parole di Tammy, pilota di elicotteri abbattuta in Iraq nel 2004 e rimasta senza gambe, che da allora ogni anno festeggia il suo "Life Day", "perchè il giorno che sono stata ferita era il giorno che dovevo morire" e "oggi ho una libertà che non avevo prima di perdere le gambe".
"La verità - dice Tammy - è che nella vita puoi scegliere di essere triste e sentirti triste o di essere felice e di esserlo davvero, sta a te decidere. Ogni giorno".