"Esiste uno stile cristiano di presenza anche nel mondo digitale: esso si concretizza in una forma di comunicazione onesta ed aperta, responsabile e rispettosa dell’altro" (Benedetto XVI)
venerdì 10 aprile 2009
Se mi si dimostrasse
«Se mi si dimostrasse che Cristo è fuori della verità ed effettivamente risultasse che la verità è fuori di Cristo, io preferirei restare con Cristo, anzichè con la verità».
Cosa intendeva Fedor Dostoevskij con questa sua celebre affermazione? Da quale verità Cristo poteva restare fuori restando al contempo preferibile?
Dalla verità che presume di spiegare anche il dolore del mondo, che pretende di addomesticare lo scandalo del male. "La verità che dà ragione di tutto e tutto organizza in un'armonia universale", spiega il teologo e vescovo Bruno Forte in un lungo e dottissimo articolo pubblicato sull'0sservatore Romano del 29 gennaio scorso (L'uomo di fronte al male)
Il dolore non può essere spiegato senza essere prima abitato, fino in fondo, fino alla morte. "Solo se Dio fa sua la sofferenza infinita del mondo abbandonato al male, solo se egli entra nelle tenebre più fitte della miseria umana, il dolore è redento ed è vinta la morte. Questo è avvenuto sulla Croce del Figlio".
E' il rovesciamento del concetto di Dio e della verità: "la singolarità del Vero, la verità incarnata in un singolo, identicata con la sua persona, è quanto di più lontano possa esserci rispetto a un pensiero euclideo", "alla verità concepita metafisicamente come ragione e fondamento del mondo, garante di questa totalità, tutta pervasa dall'orrore dell'infinita sofferenza umana". "Solo la verità che è passata attraverso il fuoco della negazione e si è lasciata lambire dal nulla, solo quella verità salverà il mondo".
"Solo dal suo interno, insomma il nichilismo si lascia confutare, dalle tenebre del Venerdì Santo".
"Non si arriva alla luce che attraverso la croce. Non si entra nella vita che conoscendo la morte"
(La foto è presa dalla prima pagina de L'Unità il giorno dopo il terremoto a L'Aquila)
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