lunedì 3 marzo 2008

Come dire...

Non ho mai amato l'espressione "come dire", usata spesso dalle persone per dare un tono ai loro ragionamenti. Qualche anno fa era diffusissima, soprattutto nei talk show e nei salotti televisivi. Poi fortunatamente l'utilizzo è andato via via scemando (almeno mi pare), sostituita da un'altra interlocuzione: "in qualche modo" o "in qualche misura".

Spiega bene Umberto Santucci, in un articolo recente sul sito della Ferpi:

"Come dire" è legittimo e utile al discorso quando non si trova la parola giusta, e si chiede quasi aiuto all'ascoltatore: non saprei come dire esattamente ciò che sto per dirti, quindi se tu lo sai vienimi in aiuto. «Vorrei – come dire? – un mucchietto, una manciata, di castagne…» Questo è l'uso corretto, perché non so come definire quel tanto di castagne che desidero. L'interlocutore mi aiuta: «Ne vuole un etto? Dieci castagne? Un sacchetto così?». Se invece dico «mi dà un – come dire? – un sacchetto di castagne?» l'uso non è corretto, perché il sacchetto si dice proprio così.

"Come dire" può essere usato anche per virgolettare una locuzione. «Il trucco della ragazza era, come dire, un po' vistoso» fa pensare che la ragazza sia non solo un po', ma pesantemente truccata. Gli equivalenti sono "per così dire", "così detto". «Il così detto onorevole» sta a significare che l'uomo politico ha avuto un comportamente per niente degno di onore.

Il "come dire" piace molto a chi lo usa, sembra dare un certo tono al suo discorso, come se ciò che pensa fosse talmente alto e complesso da non trovare le parole adatte se non – come dire? – in modo un po' laborioso e sofferto. Roberto Vacca, il noto romanziere futurologo, ha imposto ai suoi collaboratori la regola che ogni volta che qualcuno dice "come dire" deve mettere un euro in un salvadanaio, che dopo un po' viene usato per andare tutti insieme in pizzeria. Pare che ci siano andati spesso.

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