Finalmente ho tra le mani e posso iniziare a leggere "Notte della cultura europea", il libro di Giuseppe Maria Zanghì che avevo trovato ottimamente recensito da Giovanni Casoli qualche tempo fa. Zanghì è il direttore della rivista culturale "Nuova Umanità", che fa riferimento al movimento dei Focolari di Chiara Lubich. Il libro, pubblicato da Città Nuova, inaugura la collana Universitas, che intende suggerire la vocazione all'unità, all'integrazione, dei diversi saperi.
Il testo si presenta come un breve e denso saggio sulla crisi della cultura europea, denunciata in tutta la sua radicalità, ma si segnala subito per il taglio interpretativo originale, soprattutto in ambito culturale ecclesiale. Nessun rimpianto infatti per i bei tempi antichi, nessuna angoscia per il piano inclinato del "dove andremo a finire!". Ma il tentativo di dialogare con con questa cultura contemporanea tenendo in conto lo "specifico negativo di essa" ma anche - osa affermare l'autore - l' "ineludibile positivo", presente magari "in gestazione dolorosa, ma non per questo meno vero, e proteso su nuovi compimenti". La notte, cioè, non smette di essere notte, ma forse - citando Bulgakov - quest'oscurità "non è che un'ombra gettata da Colui che viene".
Una seconda idea forte e ugualmente originale intorno a questa notte della cultura europea contemporanea è la seguente. Con buona pace dei teorici dell'assedio della cristianità, "non dobbiamo pensare che la deriva atea o indifferentista della cultura europea contemporanea sia un fatto 'esterno' alla cultura cristiana: è qualche cosa che la tocca nel suo profondo, perchè ha in essa alcune delle sue radici". Detto con le parole di Giovanni Paolo II al V Simposio dei vescovi d'Europa (1982): "Le crisi dell'uomo europeo sono le crisi dell'uomo cristiano. Le crisi della cultura europea sono le crisi della cultura cristiana". "Queste prove, queste tentazioni e questo esito del dramma europeo non solo interpellano il cristianesimo e la Chiesa dal di fuori...ma in un certo senso vero sono interiori al cristianesimo e alla Chiesa".
La terza idea importante, infine, riguarda il concetto di cultura cristiana, che non può mai dirsi definita una volta per tutte, perché il Vangelo è il suo "orizzonte", "sempre ancora e di nuovo da raggiungere". Non può mai essere sistema chiuso, ideologia, perchè continuamente purificata e trascesa dall' "amore che cerca e parla per primo". "Si tratta allora, perchè si abbia cultura cristiana, di condurre il pensiero all'obbedienza a Cristo".
oh! ma hai visto oggi c'hai 15 lettori? Mi sei diventato come Manzoni... voglio la percentuale...
RispondiEliminacomunque, che la crisi, che giustificherebbe la famigerata "sindorme da assedio", sia da cercare anche dentro la Chiesa (e non solo tra i lassi difensori dello "spirito del Concilio") mi sembra un tema su cui tornare e ritornare.