lunedì 18 febbraio 2008

La strada senza meta

Pochi giorni fa nella cassetta della posta trovo con grande sorpresa e gioia una busta con dentro un piccolo libro in regalo: Vangelo e letteratura, di Giovanni Casoli, per la collana Universitas di Città Nuova (Roma, 2008, pp.112)

Giovanni Casoli per me e per molti è un maestro: di cultura, di vita, e anche di fede. E' critico letterario, oltre che scrittore di romanzi e poesie. Scrive regolarmente di cultura e società sulla rivista Citta Nuova del movimento dei Focolari. E' stato il mio professore di italiano e latino al liceo classico.

Malgrado la densità dei contenuti, ho divorato il libro in pochi giorni. Casoli accompagna il lettore in un viaggio vertiginoso nella letteratura e nella poesia contemporanee alla ricerca della presenza/assenza di Dio, costruendo un itinerario arduo ma di una bellezza incredibile, una guida alla lettura sicura e affidabile, che mette in fila i grandi autori degli ultimi secoli: Holderlin, Leopardi, Baudelaire, Rimbaud, Sartre, Bulgakov, Beckett, Ionesco, Kafka, Camus, Dostoevskij, Eliot, Pasternak, Trakl e Ungaretti. Il libro sovrabbonda di citazioni spesso sconosciute e segrete (dalle lettere, dai diari...) ma di una bellezza e di una "verità" tali da lasciare senza parole.

Il viaggio nella "notte di Dio" della letteratura (e della cultura) contemporanei muove dalla diagnosi epocale del grande poeta tedesco Holderlin: "Un segno noi siamo, senza interpretazione". Gli dèi sono "fuggiti" - dice Holderlin - e viviamo in un "tempo di povertà". "Dio è morto" - grida Nietzsche. "Noi l'abbiamo ucciso". Leopardi: "conosciuto il mondo / solo il nulla s'accresce". Baudelaire: "So che il dolore è la sola nobiltà / che mai terra nè inferno morderanno". Rimbaud: "Ahimè! Il Vangelo è passato!". E' la modernità che si schiera con il tramonto, per uccisione, o per superamento-oblio, di Dio stesso, e dunque di ogni sua religone. La "notte di Dio" è una strada che si percorre senza meta, anzi con l'orgoglio disperato di non avere una meta dopo la "morte di Dio". Una morte che trascina con sé la morte dell'uomo stesso, che diventa un volto disegnato sulla sabbia, che il mare cancella (Michel Foucault). L'uomo cancellabile (cos'altro hanno realizzato le carneficine del XX secolo?) è l'uomo superfluo, la "passione inutile" di Jean-Paul Sartre, nel suo romanzo La Nausea: "Eravamo un mucchio di esistenti impacciati, imbarazzati da noi stessi, non avevamo la minima ragione d'esser lì, né gli uni né gli altri, ciascun esistente, confuso, vagamente inquieto, si sentiva di troppo in rapporto agli altri (...) Anch'io ero di troppo. (...) Pensavo vagamente di sopprimermi (...) Ma la mia stessa morte sarebbe stata di troppo (...) Io ero di troppo per l'eternità".

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