Grande lettura questa Vita di Gesù di Francois Mauriac, che a più di 80 anni dalla sua prima uscita in francese (nel 1936) e a più di 70 dalla sua prima edizione italiana (1950), mantiene intatto il suo fascino, gettandoci nella concretezza scandalosa del mistero di questo legnaiuolo ebreo che si rivela Figlio dell'uomo e Dio in agguato.
Una biografia letteraria, che racconta la vita del Cristo con gli occhi dello scrittore e del poeta, che sa vedere oltre ciò che si vede, sa immaginare il movimento dei cuori e il turbamento delle menti, sa riconoscere ciò che è vero, ciò che è vivo, ciò che dà vita.
Il testo ripercorre in modo piuttosto ordinato e fedele la vita di Gesù per come la raccontano i vangeli canonici. L'autore interroga i silenzi, scandaglia il mistero, fa riverberare i gesti e le parole, rimarca i continui fraintendimenti e tradimenti, interpreta le attese e i desideri dei protagonisti, tra cui il lettore stesso di queste pagine.
Tra i tantissimi spunti, ne scelgo solo alcuni, partendo dall'attesa di Maria durante i primi lunghi 30 anni di Gesù, il suo nascondimento nella carne, la sua vita occulta prima della predicazione.
Dopo vent'anni, dopo trent'anni, [la madre del legnaiuolo] si crede ancora benedetta fra tutte le donne? Nulla accade: e che potrebbe accadere a quest'operaio stremato, a quest'ebreo non più giovanissimo, che è appena capace di piallar delle assi, medita la Scrittura, obbedire e pregare?
Di tutti quelli che avevano assistito alla divina manifestazione fin dal principio, in quella notte, esisteva ancora un solo testimonio? Dov'erano i pastori? E quei sapienti, conoscitori degli astri, venuti d'al di là del Mar Morto per adorare il Bambino? L'intera storia del mondo era parsa piegarsi ai disegni dell'Eterno [...]
La madre invecchiata di quest'operaio carpentiere cercava nel cupo dell'ombra gli angeli che nei giorni dopo l'Annunciazione non avevano mancato di nutrir la sua vita. Erano loro che nella santa notte avevano insegnato ai pastori il cammino della grotta [...] Ed era pure un angelo che aveva, in sogno, comandato a Giuseppe di prendere il Fanciullo e sua madre e fuggire in Egitto la collera di Erode... Ma dopo il ritorno a Nazaret il cielo s'era di nuovo chiuso, e gli angeli erano spariti.
Eccoci finalmente all'inizio della vita pubblica di Gesù, che Mauriac presenta come l'inizio della contesa con il Nemico per la conquista dell'umanità.
Quando pensa ai suoi nemici, Gesù non immagina i farisei, i sommi sacerdoti, i soldati che lo percuoteranno sul volto... [...] Egli conosce il suo avversario. Il suo avversario ha parecchi nomi in tutte le lingue. Gesù è la luce venuta in un mondo che è preda alla potenza delle tenebre. Il demonio è il padrone apparente dell'universo in questa quindicesima annata del governo di Tiberio [..] Si serve degli dèi per corrompere gli uomini, si sostituisce agli dèi, divinizza il delitto, è il re del mondo. Gesù lo conosce, ma lui ancora non conosce Gesù: non lo avrebbe indotto in tentazione se conosciuto l'avesse. [...]
A questo punto della sua vita il Figlio dell'uomo è il gladiatore nascosto in oscurità, ma prossimo a lanciarsi nel circo abbacinante, il reziario che la fiera aspetta e paventa: "Io vedevo, doveva gridare il Cristo in un giorno d'esultanza, io vedevo Satana cader dal cielo come la folgore". È forse durante queste ultime ore di vita occulta ch'egli ebbe la visione di quella caduta [...]
Prese un mantello, allacciò i suoi sandali, e disse a sua madre una parola d'addio che non sarà mai conosciuta.
Mauriac ci parla del carattere implacabile di Gesù e dell'illanguidimento della sua figura operato nei secoli.
No, non è per niente che questo Cristo tanto amato è stato così violentemente odiato. Quale ingenuità scandalizzarsi perché molti di quelli che hanno visto il Cristo nella carne, non han potuto adorarlo! Molti attenuano la forza delle sue più aspre parole qualifocandole iperboliche; tutti gli orientali hanno un linguaggio eccessivo. E nondimeno: "Questa parola è dura" borbottavano i Giudei "e chi potrebbe ascoltarla?". Essa irritava dunque anche dei semiti abituati all'iperbole. E suona ancora sempre talmente cruda, talmente odiosa. L'amore assoluto respinge i mediocri, urta la falsa aristocrazia, disgusta i delicati. E senza dubbio i suoi nemici lo odierebbero assai più che non facciano (ed anche i suoi pretesti amici!) se non sostituissero l'insipido e melato Rabbi di tipo corrente, all'uomo che ha realmente vissuto, e che ha manifestato un carattere "intero" nel senso metafisico: letteralmente implacabile. È la loro ignoranza, oggigiorno, che distoglie molti dal detestare il Cristo. Se lo conoscessero, non lo sopporterebbero.
I discorsi di Gesù, tra tutti il sermone della montagna, appaiono folli, perché tutto vi si oppone ma nulla si contraddice (del resto è il paradosso l'unica condizione accettabile della verità).
Troppa poca cosa è la carità: è la follia della carità, ch'egli vuole: tendere l'altra gota, abbandonare il mantello al ladro che ha già preso la tunica, amare quelli che ci odiano... È pazzo? Difatti, è, rispetto agli uomini, uno stato di demenza, che pretende e otterrà dai suoi diletti.
Eppure del Cristo è impossibile liberarsi, se si porta la carità nel cuore.
Non è in potere di alcuno, tra coloro che portano la carità nel cuore, di non servire il Cristo. Taluno che crede odiarlo gli ha consacrato la vita; poiché Gesù è travestito e mascherato in mezzo agli uomini, nascosto nei poveri, negli infermi, nei prigionieri, nei forestieri. Molti che lo servono ufficialmente, non seppero mai chi egli è; ma molti che non lo conoscono neppur di nome, udranno l'ultimo giorno le parole che spalancheranno loro le porte della gioia: "Ero io, quei figliuoli, ero io, quegli operai; io piangevo su quel letto d'ospedale; ero quell'assassino nella sua cella, quando tu lo consolavi".
Eccoci giunti alla Passione del Cristo, che non poteva essere meno atroce, spiega Mauriac, non poteva fermarsi ai dolori normali della condizione umana.
Non ci può essere al mondo un prigioniero, un martire, un condannato innocente o colpevole, che non ritrovi in Gesù vituperato e crocifisso la sua propria immagine e somiglianza [...]. Dopo che egli (il Cristo) ebbe sofferto e fu morto, gli uomini non sono stati meno crudeli, né ci è stato meno sangue versato, ma le vittime sono state ricreate una seconda volta a immagine e somiglianza di Dio; anche senza saperlo, anche senza volerlo.
Infine la Resurrezione di Gesù, che dura tuttora.
La presenza di Gesù resuscitato dura tuttora: verrebbe voglia di dire che l'Ascensione non l'ha interrotta: parecchi mesi dopo che i discepoli l'ebbero visto sparire, egli abbagliava della sua luce, sulla via di Damasco, il suo nemico Saul e gli parlava [...] D'ora innanzi, nel destino di ciascun uomo, vi sarà questo Dio in agguato.