"Esiste uno stile cristiano di presenza anche nel mondo digitale: esso si concretizza in una forma di comunicazione onesta ed aperta, responsabile e rispettosa dell’altro" (Benedetto XVI)
martedì 31 maggio 2011
Da grande
Dedicato a Pietro, il figlio del moralista, che da grande ha già deciso (beato lui):
Voglio fare il supereroe!
venerdì 13 maggio 2011
Geografia
(Blogger è andato in tilt e ha cancellato gli ultimi due post. Qui ne ripropongo uno. L'altro nel post precedente)
- Elisa, ho visto la tua maestra di ginnastica abbronzatissima
- Sì, papà, è stata in Africa!
- In Africa? Ma davvero?
- Sì..., in Sud Africa...
- Ma no! - interviene la mamma- è stata in Venezuela!
- E vabbeeeee' - fa Elisa - è ugualeeee...
giovedì 12 maggio 2011
Nella migliore delle ipotesi
"Nella migliore delle ipotesi la nostra epoca è un’epoca di uomini che cercano e che scoprono, nella peggiore, un’epoca che ha addomesticato la disperazione e ha imparato a conviverci felicemente".
Flannery O'Connor, da Il volto incompiuto. Saggi e lettere sul mestiere di scirvere.
martedì 10 maggio 2011
Scazzottando l'angelo
"Ho fatto i primi sei anni di scuola dalla suore [...] Fra gli otto e i dodici anni avevo l'abitudine di chiudermi ogni tanto a chiave in una stanza e facendo una faccia feroce (e cattiva), vorticavo torno torno coi pugni serrati scazzottando l'angelo. Si trattava dell'angelo custode del quale, secondo le suore, tutti eravamo provvisti. Non ti mollava un attimo. Lo disprezzavo da morire. Sono convinta di avergli addirittura mollato un calcione finendo lunga distesa".
Così Flannery O'Connor, scrittrice cattolica statunitense, in una lettera 17 gennaio 1956. ("Scrivo come scrivo perchè sono - non sebbene sia - cattolica").
L'aneddoto divertente è raccontato da Antonio Spadaro nel libro da poco pubblicato dalla Bur, "Il volto incompiuto. Saggi e lettere sul mestiere di scrivere". Una raccolta di testi inediti di Flannery O’Connor tradotti per la prima volta in Italia da Elena Buia e Andrew Rutt.
L'episodio citato diventa la chiave di lettura dell'intera esistenza di scrittrice di Flannery O'Connor, che in un saggio prima di morire scriveva che lo scrittore deve lottare come "Giacobbe con l'angelo [...] La stesura di un romanzo degno di questo nome è una sorta di duello personale".
Il dramma è in effetti il motore delle storie della scrittrice. Argomento principale della sua narrativa "l'azione della grazia in un territorio tenuto in gran parte dal diavolo". La violenza gratuita, il bizzarro e il grottesco, misto di comicita ed orrore, sono uno strumento di conoscenza della realtà. ("Sta all'artista scoprire la stranezza della verità").
E' una 'visione anti-emozionale del mondo' quella della O'Connor: "La narrativa riguarda tutto ciò che è umano e noi siamo polvere, dunque se disdegnate d'impolverarvi, non dovreste tentar di scriver narrativa".
La concretezza è una delle basi della sua poetica. "É la materia e la concretezza della vita che danno realtà al mistero del nostro essere nel mondo". Compito della scrittrice: "Rendere quanta più giustizia possibile all'universo visibile", perchè esso "è un riflesso di quello invisibile". Per la cattolicissima O'Connor - scrive Spadaro - 'non è il materiale a spiritualizzarsi, ma lo spirituale a materializzarsi'.
L'unico "obbligo" dello scrittore è quello di obbedienza nei confronti della realtà. Un obbligo che per uno scrittore cattolico è perfino maggiore, se è "convinto che il mondo naturale contenga il soprannaturale". Anche perché "più a lungo guardate un oggetto e più mondo ci vedrete dentro".
E "non vi sarà niente nella vita di troppo grottesco, o troppo 'non-cattolico', da non poter fornire materiale" per un romanzo, scrive la O'Connor in polemica con quei "lettori cattolici" che "non fanno che offendersi e scandalizzarsi". Perchè "tutta la realtà è il regno potenziale di Cristo".
"Lo scrittore cattolico - scrive ancora Flannery in maniera provocatoria - non deve essere un santo; non deve neppure essere cattolico; ma deve, purtroppo, essere uno scrittore… La prova finale per lui deve essere rappresentata dalle esigenze dell’arte, ben più severe delle esigenze della Chiesa".
lunedì 9 maggio 2011
Peppino, ma che ti sei innamorato?
Esattamente 33 anni fa, il 9 maggio 1978, veniva barbaramente assassinato dalla mafia Peppino Impastato, giovane attivista, conduttore radiofonico e anche poeta.
Mi piace ricordarlo oggi con questo bellissimo dialogo dal film "I cento passi", di Mario Tullio Giordana, dedicato alla sua drammatica vicenda. Peppino Impastato è interpretato da un bravissimo Luigi Lo Cascio.
- Non ci vuole niente a distruggere la bellezza (...) Invece della lotta politica, la coscienza di classe, le manifestazioni politiche e tutte ste fesserie, bisognerebbe ricordare alla gente cos’è la bellezza, aiutarla a riconoscerla, a difenderla.
- La bellezza?
- Sì, la bellezza. È importante la bellezza! Da quella scende giù tutto il resto…
- Senti un po’, ma che ti sei innamorato come tuo fratello?
Si potrebbero dire tante, forse troppe cose per ricordare Peppino Impastato. Ma sento che poche potrebbero rendere il senso della sua testimonanza meglio di questa semplice, assurda, innocente, ridicola, struggente domanda:
Peppino, ma che ti sei innamorato?
mercoledì 4 maggio 2011
Le cose che verrete a scoprire
Se in virtù di carità o disperazione doveste mai trovarvi a passare del tempo in una struttura statale di recupero da Sostanze come la Hennet House di Enfield Ma, verrete a scoprire molte cose nuove e curiose. (...)
Che i neri e gli ispanici possono essere razzisti quanto e più dei bianchi (...)
Che riguardo alle funzioni sessuali ed escretive le persone di sesso femminile sanno essere volgari quanto quelle di sesso maschile (...)
Che ci sono persone alle quali semplicemente non piacete, qualsiasi cosa facciate (...)
Che nonostante pensiate di essere furbi, non lo siete molto (...)
Che la validità logica di un ragionamento non ne garantisce la verità. Che le persone cattive non credono mai di essere cattive, ma piuttosto che lo siano tutti gli altri. Che è possibile imparare cose preziose da una persona stupida (...)
Che a volte agli esseri umani basta restare seduti in un posto per provare dolore. Che la vostra preoccupazione per ciò che gli altri pensano di voi scompare una volta che capite quanto di rado pensano a voi. Che esiste una cosa come la cruda, incontaminata, immotivata gentilezza (...)
Che concentrarsi intensamente su qualcosa è un lavoro duro (...)
Che è semplicemente più piacevole essere felici che incazzati (...) Che il novantanove per cento dell'attività del pensiero consiste nel cercare di terrorizzarsi a morte (...)
Che le persone di cui avete più paura sono quelle che hanno più paura. Che ci vuole un grande coraggio per mostrarsi deboli. Che non è necessario picchiare qualcuno anche se lo si desidera tantissimo. Che nessun singolo momento individuale è in sé per sé insopportabile (...)
Che il possesso di molto denaro non immunizza la gente dalla sofferenza e dalla paura. Che provare a ballare da sobri è tutto un altro paio di maniche (...) Che alcuni soggetti sinceramente devoti e spiritualmente maturi credono che il Dio nel quale credono li aiuti a trovare parcheggio e suggerisca loro i numeri giusti del Lotto (...)
Che persone differenti hanno un'idea radicalmente differente dell'igiene personale di base. Che per qualche perversa ragione, è spesso più divertente desiderare qualcosa che averlo (...)
Che tutti sono identici nella segreta tacita convinzione di essere, in fondo, diversi da tutti gli altri (...) Che è possibile che gli angeli non esistano, però ci sono persone che potrebbero essere angeli. Che Dio - a meno che non siate Charlton Heston, o fuori di testa, o entrambe le cose - parla e agisce interamente tramite degli esseri umani, ammesso che poi ci sia un Dio. Che Dio potrebbe inserire la questione se crediate o nell’esistenza di un dio o meno piuttosto in basso nella lista delle cose sul vostro conto che a lui/lei/esso interessano.
David Foster Wallace (Infinite Jest)