"Esiste uno stile cristiano di presenza anche nel mondo digitale: esso si concretizza in una forma di comunicazione onesta ed aperta, responsabile e rispettosa dell’altro" (Benedetto XVI)
lunedì 30 novembre 2009
Tra il dire e il fare
Illusioni - tentazioni? - di uno spirito contemplativo:
Non puoi attraversare il mare semplicemente stando fermo e fissando le onde (R. Tagore)
(Foto da Flickr/orsorama)
venerdì 27 novembre 2009
Mo me lo segno
"Il primo sintomo della morte è la nascita".
Aforisma del giorno, di Stanislaw Lec. L'argomento è talmente serio, di venerdì mattina, che merita una risata. Come diceva Troisi in Non ci resta che piangere, al monaco che lo spaventava gridando: Ricordati che devi morire!
- Sì sì no, mo me lo segno, non vi preoccupate....
giovedì 26 novembre 2009
La matematica non è una scienza
giovedì 12 novembre 2009
Chi sa parlarne
Non si avvicinerà mai alla verità chi sa parlarne
Mi imbatto in questa citazione di Chuang Tzu, filosofo cinese del IV secolo, che dice qualcosa - questa sì - molto vicina alla verità.
La frase nasconde un paradosso, perchè parte dalla consapevolezza che la storia dell'uomo, del suo pensiero, è la storia della ricerca della verità. Ma quale esperienza, quale linguaggio può avvicinarsi alla realtà?
Un linguaggio che "non sa" parlare: quello dei bambini. Un linguaggio, un pensiero, che conosce i suoi limiti, la sua povertà: quello dei poeti. Un linguaggio che conosce la distanza, la sofferenza, il silenzio: quello di chi ama.
Su questo argomento ho già scritto qui e qui.
(Immagine dal sito: nonsolobiografie)
martedì 10 novembre 2009
Nei fischi del treno
Dio mi parla quando mi affaccio nella mia terrazza per ore. Lo sento nei fischi del treno, nel vento che muove gli alberi della collina, nella neve che viene giù.
Così Lucio Dalla, intervistato da Il Tempo in occasione delle polemiche sulla sentenza di Strasburgo sul Crocifisso.
La frase mi è rimasta impressa e ho voluto condividerla. Prima e dopo il cantautore dice molte altre cose, alcune condivisibili, o comprensibili, altre meno.
Dice che a volte si annoia andando a Messa: e questo è un tema di cui si potrebbe parlare molto, se non ci fosse il rischio di banalizzare tutto.
Dice di considerarsi un cristiano non radicale, ma assolutamente creativo. Forse per "radicale" intendeva "integralista", altrimenti davvero fatico a comprenderlo. Ma dell'espressione assolutamente creativo mi compiaccio. Per me vale come primo attributo di ogni cristiano vero, di ogni uomo radicalmente aperto al mistero.
Infine, dice Dalla: La Sua presenza mi arriva reale, non mistica. Anche qui, non comprendo la contrapposizione. A meno che non sia stato il giornalista a giocare maldestramente col vocabolario dei sinonimi e dei contrari. La relazione mistica - come ogni vera relazione d'amore - è assolutamente reale. Altrimenti non è "mistica". Lo testimoniano i santi, i poeti, e gli amanti.
(Foto da Flickr/string_bass_dave)
lunedì 9 novembre 2009
Effineffabile
Quando ho comprato i biglietti non lo sapevo, e non me lo sarei proprio immaginato.
Scoprire che uno dei musical più famosi del mondo e di più grande successo per longevità, spettatori e incassi totali - sto parlando di Cats di Andrew Lloyd Webber - è stato composto sui testi di uno dei più grandi poeti del novecento - Thomas Stearns Eliot - è stata davvero una bella sorpresa. E insieme l'occasione per riprendere in mano i versi di un vero gigante.
Si chiama Old Possum's Book Practical Cats - il Libro dei Gatti Tuttofare - la raccolta di poesie di Eliot che Lloyd Webber - l'autore di Jesus Christ Superstar - sceglie dunque per il suo musical, andato in scena la prima volta nel 1981, a Londra. Poesie che il poeta anglo-americano aveva scritto in realtà come lettere ai suoi nipotini, in cui descriveva giocosamente le caratteristiche originali e uniche dei domestici felini.
La prima di queste poesie, recitata in coro e integralmente dagli attori del musical, è dedicata al Nome dei gatti. La traduzione che riporto è di Roberto Senesi (Tascabili Bompiani, 1990). L'intero libro dei gatti fu illustrato anche da Altan:
E' una faccenda difficile mettere il nome ai gatti
(...) Potete anche pensare, a prima vista,
che io sia matto come un capellaio,
eppure, a conti fatti, vi assicuro che un gatto deve avere in lista
TRE NOMI DIFFERENTI.
Prima di tutto quello che in famiglia potrà essere usato quotidianamente,
un nome come Pietro o come Augusto, o come Alonzo, Clemente (...)
Ma io vi dico che un gatto ha bisogno di un nome
che sia particolare e peculiare, più dignitoso;
come potrebbe, altrimenti, mantenere la coda perpendicolare,
mettere in mostra i baffi e sentirsi orgoglioso?
Nomi di questo genere posso fornirvene un quorum,
nomi come Mastràppola, Tisquàss o Ciprincolta,
come Bombalurina o Mostrardorum,
nomi che vanno bene soltanto a un gatto per volta.
Comunque gira e rigira manca ancora un nome:
quello che non potete nemmeno indovinare,
nè la ricerca umana è in grado di scovare;
ma il GATTO LO CONOSCE, anche se mai lo confessa.
Quando vedete un gatto in profonda meditazione
la ragione, credetemi, è sempre la stessa:
ha la mente perduta in rapimento e contemplazione
del pensiero, del pensiero, del pensiero del suo nome:
del suo ineffabile effabile
effineffabile
profondo inscrutabile ed unico NOME
Quella che segue, invece, per chi avesse voglia di ascoltarla, è la canzone più celebre del musical - la notissima Memory - melodia portante di tutto il secondo atto, nell'interpetazione altrettanto celebre di Barbra Streisand.
Anche il testo di Memory è tratto da una poesia di Eliot, questa volta non dal Libro dei gatti, ma da un testo giovanile (1911): Rhapsody on a windy night. Racconta di una notte ventosa di luna, che dissolve e sconvolge, con le sue allucinazioni, i piani della memoria. Ne riporto, in conclusione, una coppia di versi di straordinaria evidenza ed efficacia:
La mezzanotte scuote la memoria
come un pazzo scuote un geranio appassito
mercoledì 4 novembre 2009
L'unico cuore del mondo
Si chiama Diario di fuoco ed è il diario spirituale di Igino Giordani, intellettuale, scrittore, giornalista, deputato all'Assemblea Costituente, co-fondatore del movimento dei focolari e probabile futuro beato della chiesa cattolica (è morto nel 1980, la sua fase di beatificazione è in corso).
Ne parla il teologo Piero Coda in un lungo articolo sulla rivista Nuova Umanità (luglio-ottobre 2009). Il fuoco di cui si parla nel diario è Gesù Cristo, secondo un loghìon a Lui attribuito dal Vangelo apocrifo di Tommaso: Chi sta vicino a me, sta vicino al fuoco.
Giordano è un mistico, benchè uomo d'azione (la mistica è l'anima dell'azione) e d'impegno pubblico: affrontiamo la vita, per ridurla al Vangelo, scrive per sintetizzare il suo programma.
Mistico per lui è il legame tra gli uomini, fondato su l'unico cuore del mondo che è il Cristo, per cui l'amore è l'anima di Dio in noi.
Di qui la grande intuizione di Igino sulla Chiesa, scritta nel 1938 e che ancora oggi, malgrado il Concilio Vaticano II, farebbe scuola a molti:
Dovunque due o tre uomini s'adunano in uno spirito di bene, essi sono la Chiesa; e se pur non fan parte della Chiesa visibile, se non appartengono al corpo della Chiesa, fan parte dell'anima di essa: i giusti, i soli giusti, le appartengono tutti
Ma al centro della vita di Giordani c'è il suo rapporto con Dio, la cristianizzazione di sè, la cristificazione, il trasloco dall'Io a Dio.
Che parte dal silenzio: sentire il silenzio, sentire il proprio morire dentro la vita, e insieme il proprio formarsi dell'anima.
Che arriva ad un'identificazione totale: non sono io che vivo, ma vive Cristo in me (...); Tutto è nulla, solo Cristo è tutto (...); il respiro è lo Spirito Santo (...).
Scrive Igino Giordani nel 1947:
Io sono alter Christus. È tremendo, abissale: io sono Cristo. Magari un povero Cristo, ma tale che per me, per i miei atti, le mie paorole - quasi incarnadosi ancora il Verbo in me - s'esprime al mondo Cristo medesimo.
(L'immagine è presa dalla pagina di Wikipedia dedicata a Igino Giordani)
lunedì 2 novembre 2009
Il mare d'inverno
Quando vado a trovare papà al cimitero mi piace portargli una rosa, una sola, ma molto bella. In una delle infinite tonalità del rosa. La scelgo con cura prima di partire, ci metto del tempo, è importante. Non la lascio nel vaso, ma la incastro nella grata di ferro battuto perché sia più vicina alla sua fotografia. La lascio lì accanto, come una carezza.
Nel giorno tradizionalmente dedicato alla commemorazione dei defunti (Halloween permettendo) mi commuovono queste parole che leggo sul Corriere della Sera, dalla penna di Benedetta Tobagi, figlia di Walter Tobagi, il giornalista ucciso a Milano dalle brigate rosse il 29 maggio 1980. Benedetta aveva allora 3 anni - Non ho ricordi di mio padre da vivo: è morto troppo presto - ma oggi arriva a scrivere un libro per raccontarne la storia che Einaudi pubblica con un titolo che trovo bellissimo: Come mi batte forte il tuo cuore.
Il Corriere della Sera ne anticipa alcuni passaggi, alcuni più legati alla vicenda pubblica (l’omicidio, le indagini, il processo, il rigore di Tobagi) altri più intimi, legati al rapporto padre-figlia, un rapporto che appare straordinariamente vivo, nonostante la morte. Scrive Benedetta:
Il mare d’inverno è il mio rifugio. Ci vado da sola. Quando sono stanca, confusa, l’acqua e la luce mi calmano sempre. Guardando l’orizzonte, prima o dopo, penso sempre a papà. Mi sembra che sia più vicino. Chissà come mai: dall’Umbria a Milano, mare niente. Poi ho capito. Una coincidenza curiosa come una conchiglia integra, perfetta, sbucata dalla sabbia. Me l’ha regalata Marilisa, quasi una zia, mentre mi portava in macchina alla stazione dopo una breve visita. Le chiedo a bruciapelo: “Papà preferiva il mare o la montagna?” “Il mare. Andare in montagna gli piaceva per la compagnia, ma lui amava di più il mare. Mi ricordo che una volta ha detto che gli piaceva soprattutto il mare d’inverno, quando è tutto vuoto, e si possono sentire le voci delle persone sulla spiaggia, in lontananza». Ho pianto in silenzio mentre l’auto percorreva i tornanti al buio.